
A volte mi ritrovo a pensare cosa vuol dire ‘casa’, perchè io sono sempre stata in viaggio negli ultimi 6 anni e adesso sto cercando di ‘ritrovare’ uno spazio personale e so che ci vorrà ancora un pò di tempo. Nel frattempo cerco altri spazi che posso chiamare ‘casa’, luoghi esterni o virtuali, forse anche questo spazio lo è diventato da un pò di tempo.
Come ho letto da un Blog di una amica svedese ‘sopravvivo alle montagne russe emotive’ che a volte arrivano improvvise, basta poco per sentirsi cadere nel vuoto, basta una piccola spintarella, una parola, una immagine, una presenza o una assenza.
Quindi ‘casa’ può essere un posto dove ti senti sicuro di non cadere nel vuoto, ti senti protetto, ti senti in pace? Può anche essere l’abbraccio di qualcuno.
Cercando quà e là ho trovato questa definizione che forse si avvicina meglio di tutte a quello che sento:
“Una casa, prima di essere un luogo, è uno spazio che ci portiamo dentro. Una forma che ci abita nel cuore da tempi immemorabili. Casa è un corpo ideale che ci contiene e ci accoglie, ci manifesta e ci protegge. Casa è un luogo reale che quotidianamente amiamo e odiamo, sospesi fra protezione e avventura, riconoscimento e libertà. Casa è una forma del desiderio che dorme nei nostri pensieri e si accende al suono di una parola, al balenare di un gesto”. ‘ È il luogo in cui la persona inizia a definirsi, in cui si sente al sicuro e contenuta. Dunque la casa è sicurezza, è espressione di sé, ma è anche spazio vitale, da vivere soli o da imparare a condividere con qualcun altro.’ (da https://www.psychondesk.it/la-casa-piu-un-luogo-fisico/)
e ancora un significato da http://www.lachiavedisophia.com/blog/ritornare-a-casa/:
”Partiamo dall’inizio, il prefisso bet in ebraico significa casa, come la seconda lettera dell’alfabeto. La sua forma grafica (ב) suggerisce intuitivamente la dimensione di un riparo chiuso su tre lati, ma con lato aperto, cioè la porta che si apre sul mondo e mette quello spazio chiuso in relazione con l’esterno. La casa ha due funzioni: accogliere e custodire. La casa è quindi strutturalmente aperta a una relazione con il mondo, come del resto la lettera bet ha un lato aperto che mette in contatto il dentro e il fuori, come una soglia da varcare, un andare e venire.”
Bet è la prima lettera della Torah. Poiché Bet rappresenta il numero 2 nella ghematria, si afferma che ciò simbolizzi che ci siano due parti nella Torah: la “Torah Scritta” e la “Torah Orale“.
”Aprire la propria casa a qualcuno, accoglierlo, significa farlo entrare nella dimensione di coloro che sono stati con noi, in quella casa senza pareti che è la dimensione dell’esperienza e della vita. Abilitiamo qualcuno facendolo accedere al luogo dove passiamo gran parte del nostro tempo, dove dormiamo, dove abbiamo condiviso gioie e dolori, lacrime e abbracci, che forse non corrisponde sempre alle nostre aspettative, ma comunque ci stima o ci ama molto se ha deciso di seguirci fino a quella soglia.” (http://www.lachiavedisophia.com/blog/ritornare-a-casa/)
Molto interessante questo articolo. Io non credo di aver trovato ancora la mia casa, o meglio.. Ho dei posti nei quali sto bene, ma un posto da sentire come casa mia spero proprio di trovarlo presto.
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Anche io come te la sto cercando e a volte penso di averla trovata, ma forse non é necessario averne una sola ma come dici tu ci sono posti nei quali sto bene… é un buon inizio 😊
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E’ vero, è un buon inizio 😉 Allora che entrambe riusciamo presto a trovare il nostro spazio 🙂
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Sicuramente lo troveremo!!!
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